
Dalla Legge Fallimentare al Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza
Il Team M&GF Project - mer 11 set 2019 - crisi d'impresa e insolvenza , riforma legge fallimentare
Negli ultimi mesi su diverse testate di settore, e non solo, si è discusso molto delle novità in materia di crisi d'impresa e di fallimento introdotte con la Riforma della Legge Fallimentare e, probabilmente, se ne parlerà ancora fino al prossimo anno, quando la normativa sarà entrata in vigore completamente.
Il Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, contenuto nel Decreto Legislativo n° 14 del 12 gennaio 2019 emanato in base alla Legge-delega n° 55 del 2017, introdurrà una mini - riforma delle società di capitali, soprattutto delle S.r.l., e delle cooperative. È destinato a sostituire la Legge Fallimentare (Regio Decreto n° 267 del 1942) e le altre leggi che si sono ad essa aggiunte nel tempo per disciplinare le crisi di impresa. Entrerà in vigore diciotto mesi dopo la data della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, quindi il 15 agosto 2020, fatta eccezione per alcune norme che sono già entrate in vigore il 16 marzo scorso.
Vediamo insieme quali sono le novità e i principali impatti che questa riforma ha avuto sulle imprese.
Le principali novità introdotte
Come abbiamo visto in questo primo articolo introduttivo la Riforma Fallimentare è nata con lo scopo di:
- rilevare tempestivamente lo stato di crisi dell'impresa
- privilegiare le procedure concorsuali che garantiscono la continuità aziendale
Le due più grandi novità, non solo a livello lessicale, riguardano la sostituzione del termine "fallimento" con "liquidazione giudiziale" e l'introduzione del concetto di "crisi" accanto a quello di "insolvenza", dove con crisi si intende "lo stato di difficoltà economico-finanziaria che rende probabile l'insolvenza del debitore", mentre il concetto di insolvenza è rimasto invariato.
La Riforma della Legge Fallimentare vuole, in definitiva, consentire una diagnosi precoce dello stato di difficoltà delle imprese al fine di tutelare gli imprenditori e i dipendenti da licenziamenti e fallimenti e favorire la continuità dell'attività dell'azienda.
Le prime norme entrate in vigore
Come abbiamo detto nell'introduzione si tratta di una riforma a più step: lo scorso 16 marzo sono entrate in vigore le prime norme che hanno apportato delle modifiche al Codice Civile relativamente alla governance societaria. In questo articolo ne abbiamo parlato in modo approfondito ma crediamo sia rilevante riproporvele anche qui.
Le imprese hanno l'obbligo di:
- istituire assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati a prevenire la crisi
- nominare degli organi di controllo (sindaci o revisori dei conti)
- attribuire maggiori responsabilità agli amministratori
Il legislatore dà quindi agli organi di controllo maggiori poteri nel controllo della società a cui si legano ovviamente anche maggiori responsabilità.
Ma come fa un'impresa a rilevare l'avvicinarsi di una crisi?
Le imprese potranno far leva su degli indici che verranno elaborati dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili che fanno presumere l'esistenza di uno stato di crisi. Questi indici consentiranno di verificare la sostenibilità dei debiti per almeno i sei mesi successivi e quindi le prospettive di continuità aziendale. Gli indicatori dovranno evidenziare eventuali stati di difficoltà futuri e sottolineare la necessità di utilizzare strumenti in grado di monitorare dinamiche future.
Ne abbiamo parlato più nel dettaglio in questo altro articolo.
La Procedura d'Allerta
Una volta individuato lo stato di crisi, la riforma prevede l'attivazione della Procedura d'Allerta. Si evidenzia che gli organi di controllo sono obbligati a segnalare l'esistenza di fondati indizi di crisi all'organo amministrativo. In caso di omessa risposta la segnalazione dovrà essere fatta all'OCRI, un collegio di tre esperti nominati dal Tribunale e dalla Camera di Commercio, che si occupa della gestione della fase di allerta e di composizione della crisi.
L'allerta può essere:
- interna, in quanto attivata dall'imprenditore o dal collegio sindacale o ancora dal revisore
- esterna, in quanto attivata dall'Agenzia delle Entrate o dall'INPS quando l'esposizione debitoria supera un certo livello.
In entrambi i casi il debitore avrà 6 mesi di tempo (riducibili o aumentabili a seconda dei casi) per raggiungere un accordo con i propri creditori.
Conclusioni
Siamo giunti alle conclusioni di questo argomento che, presumibilmente, diventerà un evergreen nel settore. La Riforma Fallimentare ha portato a un nuovo modo di concepire la crisi d'impresa, considerandola come un evento fisiologico della vita dell'impresa che può essere superato con i dovuti accorgimenti.
Le imprese perciò dovranno puntare sull'aggiornamento e sulla formazione dei propri dipendenti (vedasi Prassi UNI PdR 44:2018 e relativa certificazione dei ruoli), dovranno ridefinire le attività di credit risk management (criteri di valutazione prospect e clienti), dovranno trovare nuove soluzioni IT (business intelligence, credit management e pianificazione finanziaria) e dovranno istituire nuovi assetti organizzativi (vedasi certificazione del processo di Credit Management).
Seguendo queste best practice si potrà garantire una maggiore continuità delle attività delle aziende. Di particolare rilevanza è proprio l'approccio "industriale" alla gestione del credito, ossia la digitalizzazione delle attività legate al credit management, che apportano migliorie alle aziende in termini sia di efficienza che di performance.
Redatto con la collaborazione di Nicola Traverso - Lexant studio legale
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